LA MORATORIA

LA MORATORIA,
REALE OPPORTUNITÀ O ARMA A DOPPIO TAGLIO?


La riflessione è doverosa, alcune volte guardando al breve periodo, e all’attuale stato di emergenza.
L’esperienza insegna che, in certe contingenze, le decisioni vengono prese sull’onda dell’emozione più che del raziocinio. Ed è cosi che poi le conseguenze, positive o meno, poi ci arrivano addosso senza averle programmate o preventivate.

Oggi il DL Cura Italia del 17/04, firmato e pubblicato il GU il 18/04, ci dice:


“La moratoria fino a settembre sul pagamento delle rate dei vecchi prestiti dalle imprese alle banche (capitale e interessi), sulle scadenze dei finanziamenti non rateali e sulle linee di credito a breve è cruciale per ridurre nell’immediato le esigenze di liquidità. Si tratta di un intervento positivo e auspicato dalle PMI in difficoltà. La misura dovrebbe coprire finanziamenti alle imprese (nelle varie forme tecniche) per circa 219 miliardi e attivare maggiore liquidità per oltre 87 miliardi in termini di: rate sospese (33 miliardi) e maggiore liquidità utilizzata su linee di credito a breve termine (22 mld), anticipazioni su crediti (4 mld) e altri finanziamenti (29 mld).”

Settembre, questo è il termine fissato, a sei mesi esatti dall’evento – tragico – che stiamo vivendo. La sospensione infatti per un massimo di sei mesi è abbastanza protetta dall'evento catastrofale e dalla corta durata.
Tuttavia, non si applica a tutti e a qualsiasi azienda ma solo PMI in bonis, salvo casi di scaduto per rinegoziazione.

Nasce qui una riflessione personale che poggia fondamentalmente su 3 punti che di seguito intendo illustrare.

PRIMO PUNTO: bisogna dichiarare di aver “subito danni rilevanti”.

Se andiamo a leggere il “Modulino” del FCG “Variazioni in Aumento” che ci faranno firmare, ovvero, che abbiamo già firmato: 


“Il soggetto richiedente dichiara, inoltre:
· che l’impresa beneficiaria ha subito danni rilevanti dall’emergenza sanitaria “COVID-19”;
· che il finanziamento risulta in essere alla data del 31 gennaio 2020;
· che l’impresa beneficiaria risulta “in bonis” alla data di concessione del beneficio indicato;”

SECONDO PUNTO:

Sento le Banche, i loro rappresentanti, accettare, proporre, richieste di moratoria fino ai 18 mesi.

Viene dunque da sé di voler ricercare spiegazioni in guide e disposizioni date dalla relativa associazione di settore, portandomi ad affrontare di seguito il TERZO PUNTO: il fatto che mi viene proposto di andare verso l’anno o i 18 mesi di Moratoria.


Ecco infatti quello che si deduce se andiamo ora a riprendere un documento importante. Mi riferisco all’articolo 14 della guida al Default Imprese, redatto a seguito del protocollo ABI del gennaio 2019 e che dice:


“14. Cosa succede alle esposizioni che sono oggetto di misure di tolleranza?
Le misure di tolleranza (ovvero modifiche dei termini e delle condizioni contrattuali nonché il rifinanziamento totale o parziale del debito) possono essere concesse dalle banche a imprese che si trovano o sono in procinto di trovarsi in difficoltà a rispettare le proprie obbligazioni finanziarie nei confronti della banca.
La banca finanziatrice potrebbe comunque avere elementi per sostenere che l’operazione di rinegoziazione del debito del cliente non si configuri come una misura di tolleranza dal momento che l’impresa beneficiaria non si trova o non è in procinto di trovarsi in difficoltà a rispettare le proprie obbligazioni finanziarie verso la stessa banca. In questa fattispecie la banca non segnalerà alla Autorità di vigilanza l’esposizione come in default come oggetto di misura di tolleranza. Questo può ad esempio essere il caso di un’operazione di sospensione o allungamento del finanziamento, realizzata ai sensi dell’Accordo per il Credito 2019, nell’eventualità in cui la banca possa sostenere che l’impresa non avrebbe comunque avuto problemi nel servizio del debito.
Per le esposizioni alle qu
ali sono state applicate misure di tolleranza, sono previste modalità più stringenti per la classificazione dell’operazione in default. In particolare, se la rinegoziazione delle condizioni contrattuali comporta una perdita significativa per la banca (vale a dire una remissione del debito o un differimento dei pagamenti per un ammontare complessivo superiore all’1%), questa è costretta a classificare l’esposizione in default.
Un’impresa che, nonostante abbia ricevuto misure di tolleranza sul proprio debito, venga poi comunque classificata in defau
lt, dovrà osservare prescrizioni aggiuntive, per uscire da tale stato. In ogni caso, deve trascorrere almeno un anno dal momento della concessione della misura.”



Fatte queste premesse, la mia riflessione è la seguente.
Nonostante sia stabilito questo termine di 6 mesi, al momento attuale ci si sente dire dalla Banca, ovvero dai loro rappresentanti, che nessun evento negativo mi verrà riconosciuto, segnalato in CR, alla richiesta di moratoria di 12 o 18 mesi. Nella realtà Solamente di 3 mesi o massimo 6 mesi.
Allora forse meglio sarebbe avere una modifica da EBA/BCE per essere sicuri che nessuna banca inserisca il trigger. Questa modifica al momento è mancante. Dimenticanza?

Da quello che leggiamo, poi, si comprende che se vogliamo essere ancora clienti Graditi alla Nostra/Nostre Banche Fornitrici, dopo questo momento COVID19, dobbiamo pensare in Modo Diverso in realtà da come ci stanno conducendo verso la moratoria.
Rimane dunque sempre più urgente, per tutti noi, la necessità di un piano e di un ragionamento preciso per il dopo-settembre.
Sono qui per discuterne con Voi, chiamandomi o scrivendomi.


Email: consulentefinanziario@davide-zanetti.com
moratoria - stretta di mano tra banche e imprese