PIANO TRANSIZIONE 5.0

PIANO TRANSIZIONE 5.0:
IN ARRIVO LA BOZZA


Il decreto legge sarà operativo dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e dovrà poi essere convertito in legge nei sessanta giorni successivi.

La normativa si applicherà agli investimenti effettuati “negli anni 2024 e 2025” e quindi di fatto retroattiva al primo gennaio 2024, anche se per la piena operatività della misura dovremo attendere l’emanazione di un importantissimo decreto attuativo che dovrebbe essere emanato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy entro 30 giorni.

Le nozioni riportate di seguito, si basano sulla bozza datata 25 febbraio (ormai consolidata) e provvederemo ad aggiornarvi non appena avremo i testi definitivi.

Chi può accedere ai benefici del piano Transizione 5.0

Tutte le imprese che effettuino “nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell’ambito di progetti di innovazione che conseguono una riduzione dei consumi energetici”, senza distinzione di forma giuridica, settore, dimensione o regime fiscale. Sono escluse specificamente le imprese in difficoltà finanziaria o che hanno ricevuto sanzioni interdittive; si richiede inoltre il rispetto delle norme sulla sicurezza e i contributi previdenziali

I beni strumentali incentivati e il collegamento al piano Transizione 4.0

Per accedere all’incentivo occorre
      • Effettuare un investimento in almeno uno dei beni strumentali materiali e immateriali previsti agli allegati A e B del piano Transizione 4.0. Anche in questo caso si prevede che i beni devono essere interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura
      • Questi beni devono essere inseriti in un progetto di innovazione che consenta di ottenere una riduzione dei consumi energetici 
      • La riduzione dei consumi deve essere pari ad almeno il 3% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale oppure ad almeno il 5% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento.

L’allegato B, quello dedicato ai software, viene ampliato, prevedendo l’ammissibilità agli incentivi anche per
      • software, i sistemi, le piattaforme o le applicazioni per l’intelligenza degli impianti che garantiscono il monitoraggio continuo e la visualizzazione dei consumi energetici e dell’energia autoprodotta e autoconsumata, o introducono meccanismi di efficienza energetica, attraverso la raccolta e l’elaborazione dei dati anche provenienti dalla sensoristica IoT di campo (Energy Dashboarding);
      • i software relativi alla gestione di impresa se acquistati unitamente ai software, ai sistemi o alle piattaforme di cui alla lettera a).

Di fatto si tratta dei sistemi di monitoraggio dei consumi, anche se parte di un più ampio sistema ERP.

Vale la pena sottolineare a questo punto che, se un investimento in beni 4.0 ricade sotto l’ombrello della Transizione 5.0 perché abilita un risparmio energetico, si applicheranno le norme di questo piano (e non più quelle del piano Transizione 4.0) in relazione alle tempistiche e alle modalità di fruizione dell’incentivo. In particolare: l’interconnessione andrà inclusa nella certificazione ex post; il recupero del credito potrà avvenire in un’unica quota e non in tre. I due incentivi dunque condividono la base dei beni, ma poi seguono strade diverse.

Il piano Transizione 4.0 resta operativo per tutti gli investimenti nei beni previsti negli allegati A e B che non generano risparmio, oppure generano risparmio sotto le soglie minime previste dal Transizione 5.0.

I pannelli fotovoltaici e gli altri sistemi per autoproduzione e autoconsumo

Oltre alla linea dedicata ai beni strumentali, anche due linee dedicate ai sistemi per autoproduzione e autoconsumo di energia e alla formazione.
In particolare, i 6,3 miliardi sono distribuiti in questo modo:
      • 3.780 milioni per i beni strumentali
      • 1.890 milioni per autoconsumo e autoproduzione
      • 630 milioni per la formazione
Per quanto riguarda autoconsumo e autoproduzione, la premessa è che questi investimenti devono comunque far parte di un progetto di innovazione che preveda l’acquisto di beni strumentali, come abbiamo visto nel paragrafo precedente.

Se questi progetti siano di valore superiore ai 40.000 euro, è possibile avere il credito d’imposta anche per i “beni materiali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo, a eccezione delle biomasse, compresi gli impianti per lo stoccaggio dell’energia prodotta”.

Per quanto riguarda i moduli fotovoltaici, l’incentivo è limitato ai soli pannelli prodotti negli Stati membri dell’Unione europea con efficienza pari ad almeno il 21,5%.

È prevista una maggiorazione rispettivamente del 120% e 140% per quelli a maggiore efficienza previsti dal Decreto Energia cioè
  • 120% per i moduli fotovoltaici con celle, prodotti negli Stati membri dell’Unione europea con un’efficienza a livello di cella almeno pari al 23,5 per cento;
  • 140% per i moduli prodotti negli Stati membri dell’Unione europea composti da celle bifacciali ad eterogiunzione di silicio o tandem prodotte nell’Unione europea con un’efficienza di cella almeno pari al 24,0 per cento.

Si arriva così a un incentivo potenziale del 63% (45% di aliquota massima del Transizione 5.0 con la maggiorazione del 140% della base imponibile) sulla parte relativa ai pannelli fotovoltaici.

La formazione

Per quanto riguarda le spese per la formazione del personale, sono ammesse
      • se sono finalizzate all’acquisizione o al consolidamento delle competenze nelle tecnologie rilevanti per la transizione digitale ed energetica dei processi produttivi
      • nel limite del 10% degli investimenti effettuati nei beni strumentali
      • fino a un massimo di 300 mila euro
Le spese devono inoltre essere necessariamente erogate da soggetti esterni individuati con decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy.

Le aliquote

Bisogna poi tenere in considerazione che ciascuna aliquota può essere maggiorata di 1,2 o 1,4 volte considerando quanto abbiamo appena visto in relazione ai soli pannelli fotovoltaici ad elevata efficienza.
Le aliquote di base del credito d’imposta, laddove l’investimento consegua una riduzione non inferiore al 3% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale o, in alternativa, una riduzione non inferiore al 5% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento, sono:
      • 35% per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro
      • 15% per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro
      • 5% per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria.
Le aliquote del credito d’imposta, laddove l’investimento consegua una riduzione superiore al 6% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale o, in alternativa, di riduzione superiore al 10% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento,
      • 40% per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro
      • 20% per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro
      • 10% per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria.
Nel caso in cui l’investimento consegua una riduzione superiore al 10% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale o, in alternativa, di riduzione superiore al 15% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento, le aliquote diventano
      • 45% per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro
      • 25% per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro
      • 15% per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria.

Come si calcola il risparmio energetico per aziende esistenti e di nuova costituzione

Il testo della norma spiega che per calcolare la riduzione dei consumi occorre
      • riproporzionare i conteggi su base annuale
      • fare riferimento ai consumi energetici registrati nell’esercizio precedente a quello in cui si effettuano gli investimenti
      • deve essere “al netto delle variazioni dei volumi produttivi e delle condizioni esterne che influiscono sul consumo energetico”.
Per non escludere dall’incentivo le imprese di nuova costituzione, il testo prevede che, in questo caso, il risparmio energetico conseguito vada calcolato “rispetto ai consumi energetici medi annui riferibili a uno scenario controfattuale″. In pratica il decreto attuativo darà dei numeri medi di riferimento per i diversi scenari in base ai quali parametrare il risparmio energetico garantito dall’investimento.

Gli oneri documentali

Sono ben 4 i documenti che le imprese dovranno produrre prima (ex ante) e dopo (ex post) aver effettuato l’investimento:
      • una comunicazione al Ministero delle imprese e del made in Italy ex ante
      • una certificazione ex ante
      • una comunicazione al Ministero delle imprese e del made in Italy ex post
      • una certificazione ex post
Le due “comunicazioni”, il cui contenuto sarà poi illustrato nel futuro decreto attuativo, dovranno fare riferimento “al completamento degli investimenti” e dunque serviranno al Ministero per tenere conto delle risorse prenotate e utilizzate.

Le certificazioni

Le due certificazioni invece dovranno essere rilasciate da un valutatore indipendente (la lista sarà disposta dal futuro decreto attuativo) e riguarderanno invece rispettivamente l’ammissibilità e il completamento degli investimenti.

In particolare la certificazione ex ante deve attestare la riduzione dei consumi energetici conseguibili tramite gli investimenti nei beni di cui al comma 4 (beni materiali e immateriali, non quindi la parte dell’autoproduzione e autoconsumo).

La certificazione ex post deve invece attestare “l’effettiva realizzazione degli investimenti conformemente a quanto previsto dalla certificazione ex ante e l’avvenuta interconnessione dei beni al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura”.

Come si può notare, anche l’interconnessione dovrà far parte di questa certificazione, indipendentemente dal valore dei beni (non basterà l’auto-dichiarazione sotto i 300.000 euro come avviene nel piano Transizione 4.0).

Una graditissima sorpresa è invece la possibilità – ma solo per le piccole e medie imprese – di considerare nel totale dell’importo su cui applicare il credito d’imposta anche le spese sostenute per la certificazione fino a un massimo di 10.000 euro. Il che si traduce in uno “sconto” fino al 45% delle spese di certificazione per le PMI, ammesso che le spese di certificazione non superino appunto i 10.000 euro.

Come si fruisce dell’incentivo

Il credito d’imposta si usa con le consuete modalità, cioè esclusivamente in compensazione tramite F24 presentato nel canale dei servizi telematici offerti dall’Agenzia delle entrate.

Nemmeno a dirlo, il credito d’imposta non può formare oggetto di cessione o trasferimento neanche all’interno del consolidato fiscale.

L’avvio della fruizione non potrà in nessun caso superare la data del 31 dicembre 2025. Quindi il 31 dicembre è data che sancisce sia il termine per l’effettuazione dell’investimento sia il termine per la certificazione e l’avvio della fruizione dell’incentivo.

Senza avere la pretesa di essere precisi, considerando che tra l’ordine, la consegna, l’installazione, l’interconnessione e l’adempimento degli oneri documentali, tra tutti le certificazioni, difficilmente passeranno meno di 4 mesi, possiamo dire che di fatto per sfruttare l’incentivo bisognerà sbrigarsi e in ogni caso provvedere all’avvio delle attività entro l’estate del 2025.

Addio all’automatismo, occorre attendere il provvedimento di concessione

C’è un’altra ragione per muoversi subito: le risorse sono definite e il Ministero attiverà un contatore (come per la Sabatini, per esempio), per cui al termine delle risorse dovrebbe scattare la chiusura.

La fruizione dell’incentivo infatti non è automatica. Il testo normativo dispone infatti che “il Ministero delle imprese e del made in Italy, prima della comunicazione ai soggetti beneficiari, trasmette all’Agenzia delle entrate, con modalità telematiche definite d’intesa tra il Ministero delle imprese e del made in Italy e l’Agenzia delle entrate, l’elenco delle imprese ammesse a fruire dell’agevolazione e l’importo del credito concesso, nonché le eventuali variazioni e revoche. Il credito d’imposta concesso è disponibile decorsi dieci giorni dalla comunicazione ai beneficiari del provvedimento di concessione”.

Ci sarà quindi un “provvedimento di concessione” fondamentale proprio a garantire al Governo che non vengano sforate le risorse disponibili.

Una seconda nota importante (stavolta positiva) è che mentre è indispensabile che il primo F24 venga fruito entro il 31/12/2025, laddove non si abbia sufficiente capienza per scaricare il credito d’imposta maturato, lo si potrà fare anche in cinque quote annuali di pari importo.

I beni vanno tenuti almeno 5 anni

Anche per il Transizione 5.0 è previsto il meccanismo del Recapture: “se i beni agevolati sono ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all’agevolazione anche se appartenenti allo stesso soggetto, nonché in caso di mancato esercizio dell’opzione per il riscatto nelle ipotesi di beni acquisiti in locazione finanziaria, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di completamento degli investimenti, il credito d’imposta è corrispondentemente ridotto escludendo dall’originaria base di calcolo il relativo costo”.

Gli oneri documentali

Come si è visto, non mancheranno oneri a carico di chi vorrà fruire dell’incentivo, a partire dalle due comunicazioni e certificazioni.
Ci sono poi anche oneri documentali. In particolare bisognerà conservare, pena la revoca del beneficio, la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili.
Le fatture, i documenti di trasporto e gli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati devono contenere l’espresso riferimento alle disposizioni dell’articolo specifico di questo decreto (e successivamente della legge di conversione).
Ci vorrà una apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti che attesti l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall’impresa.

I controlli

Non è chiarissimo il meccanismo dei controlli. Viste le due certificazioni ad opera di soggetti terzi, ci si poteva aspettare un’esenzione dai controlli effettuati dall’Agenzia delle Entrate.
Nel testo invece è scritto che il Ministero delle imprese e del made in Italy verificherà “le condizioni di spettanza del contributo, sotto forma di credito d’imposta e della corretta applicazione della disciplina, anche sulla base degli eventuali elementi di specifica competenza forniti dall’Agenzia delle entrate”.
In caso di accertamento, è sempre il Ministero a provvedere al recupero del relativo importo maggiorato di interessi e sanzioni.

La cumulabilità

Il credito d’imposta Transizione 5.0 è cumulabile con altri incentivi che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che il cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui al periodo precedente, non porti al superamento del costo sostenuto.

Non è invece cumulabile, in relazione ai medesimi costi ammissibili, con il credito d’imposta Transizione 4.0 (come dicevamo, se si entra nell’alveo del 5.0 si esce da quello del 4.0) né con il credito d’imposta per investimenti nella ZES unica.

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